Fora l’Ours: Una Festa Tradizionale a Urbiano e il suo significato
Anche quest’anno a Urbiano, frazione di Mompantero nell’Alta Valle di Susa, si tiene la festa tradizionale chiamata “Fora l’Ours!“, che vuol dire “Fuori l’Orso!“. Una celebrazione che si svolge nell’arco di tre giorni: dal 2 al 4 febbraio, coinvolgendo tutto il paese, in concomitanza con la festa celtica di Imbolc, detta Candelora.
Imbolc è una festa celtica che segna il passaggio dall’inverno alla primavera, celebrata il 1° febbraio. Originariamente legata alle tradizioni pagane e poi assimilata dalla cultura cristiana come la festa di Santa Brigida, Imbolc celebra la rinascita della natura e l’arrivo della luce dopo i giorni più bui dell’inverno.
I tre giorni della celebrazione vedono coinvolti pressoché tutti gli abitanti di Urbiano, la frazione di Mompantero, ma il richiamo è noto anche agli abitanti della Valle, i quali accorrono soprattutto la domenica per assistere all’apparizione dell’orso nelle vie del paese.
Nella serata precedente alla festa, si celebra il rituale del “mingia e beiva” (mangia e bevi), un banchetto che ristora i cacciatori, preparandoli per la successiva caccia all’orso. Questa tradizione ha preso il posto di una processione con torce, condotta dai cacciatori con i volti sporcati di nerofumo.
Per chi volesse partecipare alla Passeggiata Enogastronomica Mingia e Beiva:
Sabato 3 – Ore 20:00 – “Mingia e Beiva”
Passeggiata Enogastronomica lungo le vie di Urbiano A Caccia dell’Orso (8 tappe con prodotti tipici)
Adulti: €20 – Bambini 0/12: Gratis
Prevendita obbligatoria, solo contanti entro il 31/01 presso:
- LM Officina Mobile di Matteo Leschiera (Mompantero)
- Ristorante Da Camillo (Mompantero)
- Edicola Bar Da Leo (Susa)
- El Cantun del Lait (Bussoleno)
- Brengi’s Cars (Rubiana)
Per informazioni: Matteo: 340 9132598 – Davide: 346 7721857 – Sergio: 349 6911647 – Dario: 346 6764702
GUARDA IL PROGRAMMA DELL’EVENTO FORA L’OURS DEL 2-3 E 4 FEBBRAIO 2024
La domenica mattina, dopo la funzione religiosa prevista per le ore 10:00 e la distribuzione del pane della carità, la comunità si riunisce attorno alla stalla dove è custodito l’orso, catturato durante la notte.
L'”Orso” viene scortato lungo le strade del paese dai giovani, sotto la supervisione dei cacciatori che cercano di calmarlo, colpendolo in modo benigno con bastoni e somministrandogli vino attraverso un grande imbuto appositamente posizionato sulla testa. Bersagliato da scherzi e insulti, sfila lungo il paese fino a giungere in piazza del paese dove sceglie la ragazza più bella.
La giovane doma definitivamente l’orso con un ballo, simboleggiando la vittoria del bene sul male e della civiltà sullo stato bestiale. L’orso simbolicamente è “il portatore di tutti i mali”, un capro espiatorio attraverso il quale la comunità allontana malattia e peccato, relegandoli nel corpo dell’animale. La rappresentazione può impressionare se non si cerca di comprendere appieno la simbologia della ricorrenza ovvero la vittoria del Bene sul Male e al contempo la connessione con i simbolismi legati all’inizio della primavera, in cui l'”Orso” rappresenta idealmente l’inverno e il freddo, e la sua cattura e cacciata simboleggiano la fine della brutta stagione.
L’orso nel periodo celtico, medievale e nel contesto della Chiesa
L’atteggiamento della Chiesa nei confronti dell’orso nel Medioevo si presenta come un intricato mix di complessità e contraddizioni. In alcuni contesti, l’orso è concepito come uno strumento divino per proteggere i devoti, come evidenziato nelle rappresentazioni di santi accompagnati da questi animali. Tuttavia, in molte occasioni, tali riferimenti sembrano riflettere la vittoria del Bene (rappresentato dal santo) sulla figura del Male (simboleggiato dall’orso/demonio).
La Chiesa medievale tendeva a demonizzare l’orso, interpretandolo come un simbolo potente dell’immaginario folklorico pre-cristiano. Sin dai tempi dei Celti, l’orso assumeva il ruolo di simbolo del re-guerriero, personificando il coraggio e la forza. Questo animale, che moriva durante il letargo invernale solo per rinascere vittorioso, diventava il totem della casta dei guerrieri.
In numerose regioni europee, si credeva che l’orso si risvegliasse tra il 2 e il 3 febbraio, e le festività legate a questo evento segnavano la fine dell’inverno con giochi, danze e mascherate. Il risveglio dell’orso era strettamente associato al ritorno del sole e della luce, celebrato con falò propiziatori e processioni rituali.
Nel tentativo di sovrapporsi a tali tradizioni, la Chiesa fissò la festa di Santa Brigida l’1° febbraio e la Presentazione di Gesù al Tempio e la Purificazione di Maria il 2 febbraio. Nel V secolo, papa Gelasio istituì la festa delle candele come forma di cristianizzazione di queste antiche pratiche.
L’Orso nei Carnevali Piemontesi
Nel Piemonte, il passaggio carnevalesco dell’orso segue una struttura narrativa comune: l’orso, impersonato da un individuo, visita case e stalle attraversando il paese come nel caso dell’insolito carnevale di Lajetto a Condove. Nei cortei mascherati, è talvolta previsto che l’orso venga catturato dai cacciatori o scortato da domatori, trascinato in catene per le strade del paese come nel carnevale di Fora l’Ours di Urbiano. Il rituale conclude con l’addomesticamento dell’orso o la sua riabilitazione, con variazioni nell’iconografia degli orsi basate sui materiali usati per maschere e costumi, come pelli, pellicce sintetiche, piume e elementi vegetali.
Ecco alcune interpretazioni del significato dell’orso in questi riti:
- Simbolismo Stagionale: Nelle regioni alpine, il risveglio dell’orso coincide spesso con la fine dell’inverno. La sua presenza nei riti carnevaleschi può simboleggiare la transizione dalla stagione fredda a quella più mite, celebrando il ritorno della vita e la sconfitta dell’inverno.
- Rappresentazione della Natura Selvaggia: L’orso, animale selvatico per eccellenza, può essere interpretato come una personificazione della natura selvaggia e indomita. Nei riti carnevaleschi, l’orso può rappresentare la forza primordiale e la vitalità che emerge durante le celebrazioni.
- Connessione con Tradizioni Precristiane: Molti riti carnevaleschi alpini hanno radici nelle antiche tradizioni precristiane. L’orso, con la sua presenza misteriosa e potente, potrebbe simboleggiare elementi legati a credenze pagane e riti sciamanici che persistono attraverso i secoli.
- Lotta tra Bene e Male: In alcuni contesti, l’orso potrebbe essere coinvolto in una rappresentazione teatrale che enfatizza la lotta tra il bene e il male. Questo può riflettersi nella cattura simbolica dell’orso da parte dei cacciatori durante i festeggiamenti, simboleggiando la vittoria della comunità sulla forza selvaggia.
- Legami con Leggende Locali: Alcune comunità alpine piemontesi potrebbero avere leggende specifiche legate all’orso, che vengono poi incorporate nei riti carnevaleschi. Le leggende locali possono attribuire all’orso un ruolo eroico o mitologico che viene celebrato durante le festività.
Il legame tra l’uomo e l’invisibile
L’orso ha occupato la catena alpina fin dalla preistoria e era presente anche in Val di Susa come confermano i reperti archeologici. Uno degli ultimi orsi fu abbattuto nel 1820 da un cacciatore nei dintorni di Exilles. Nonostante i cambiamenti legati all’industrializzazione e allo spopolamento delle montagne, le festività dell’orso e i carnevali alpini nella Val di Susa persistono come legame con le antiche credenze e pratiche rituali ereditate dalle generazioni passate.
Le due celebrazioni: il Ballo dell’Orso a Urbiano e il Carnevale del Lajetto a Condove, emergono come custodi della memoria di questo misterioso animale, un tempo oggetto di venerazione e timore.
L’osservazione delle feste tradizionali del Piemonte, con il loro complesso simbolico di gesti e oggetti rituali, permette di identificare pratiche antichissime il cui radicamento può essere collegato a sopravvivenze di rituali precristiani, volti a garantire il passaggio della fecondità della terra da un ciclo all’altro.
Questo rito, compiuto in comunità, annulla il tempo lineare per riportare a un tempo ciclico in cui coesistono decadenza e rinascita. La loro eterna ripetizione rituale assicura il costante rinnovarsi delle energie umane. Vita e morte sono strettamente intrecciate: l’inverno, simboleggiato dalla morte, deve essere superato per rinnovare la vita. Questo compito richiede la disgregazione dell’inverno e della morte nel caos primordiale, rappresentato appunto dalla teatralità assurda e caotica dei carnevali alpini.