Simbologia dei carnevali alpini la fine dell’inverno
Le montagne sono, per molti motivi, un luogo dove le tradizioni antiche si sono conservate più a lungo. La vita isolata di tante borgate alpine le ha rese custodi di consuetudini arcaiche, consuetudini che a volte non si sono mai interrotte o che sono state recuperate in questi anni di nuovi popolamenti montani.
Un posto di rilievo nell’universo del folklore alpino spetta senza dubbio ai carnevali alpini, tanti e diversi fra loro, spesso celebrativi dell’arrivo della primavera e della fertilità della terra.
Le tradizioni che hanno dato origine ai carnevali alpini si perdono nella notte dei tempi, aggregandosi le une alle altre in un calderone popolare in cui si mescolano superstizione, religione e magia.
Gli animali e le figure simboliche dei personaggi dei carnevali alpini
Il carnevale, oltre a festeggiare la fine dell’inverno, l’arrivo della primavera e il buon auspicio per un nuovo raccolto era una vera e propria celebrazione della fuga dalla quotidianità e dalle imposizioni. Una rappresentazione di un mondo alla rovescia, con fenomeni di inversione sociale e naturale, una festa che rappresentava la ribellione dai soprusi delle autorità, l’occasione di eliminare il divario -anche se solo metaforicamente- tra il popolo e il potere costituito. Questo spirito carnevalesco portava a comportamenti disinibiti, scherzi e situazioni caotiche e ambigue.
L’autorità irrisa nel corso di queste manifestazioni era più che altro l’autorità di paese o comunque le figure di riferimento con cui i valligiani si dovevano rapportare: il parroco, il medico e il giudice, spesso chiamato a dirimere questioni di confini e di proprietà.
Accanto a questi trovavano poi spazio figure destinate a turbare l’immaginario collettivo, a volte legate a particolari credenze, cui era affidato il ruolo fondamentale di rappresentare o il carnevale stesso o il responsabile della sua morte, come la figura del lupo, dell’orso o dell’uomo selvatico.
La figura più ricorrente nei carnevali alpini è senza dubbio quella dell’orso, la cui simbologia è legata al periodo della Candelora. Il risveglio dell’animale dal lungo letargo era interpretato come indice rivelatore e propiziatorio della rinascita primaverile della natura.
In Piemonte la maschera dell’orso è attestata tuttora in varie località:
– L’Orso di Mompantero (To)
– L’Orso di pelle Volvera (To)
– L’Orso di piume di Magliano Alferi (Cn)
– L’Orso di piume di Cortemilia (Cn)
– L’Orso di Meliga di Cunico (At)
– L’Orso di Segale di Valdieri (Cn)
– L’Orso di ricci e muschio di Balmuccia (Vc)
Ciò che rende diversi i vari orsi dei carnevali alpini è il materiale usato per i mascheramenti: pelli e pellicce, piume, intrecci di paglia, segale e meliga, muschi e ricci di castagne.
A Valdieri ad esempio, per citare una famosa ricorrenza di cui l’orso è protagonista, il travestimento l’orso è di segale e l’animale, dopo una serie di scorribande, partecipa alle danze al termine delle quali fugge dal paese mentre in piazza viene bruciato un pupazzo di segale.
Non orsi ma lupi a Chianale, dove un gruppo di giovani tiene alla corda un lupo che, mascherato e ricoperto di pelli, importuna chiunque incontri.
Molto significativa è altresì la presenza delle maschere degli Arlecchini. Questi personaggi sono caratterizzati da vestiti bianchi e alti cappelli a punta decorati da fiocchi e nastrini colorati. Il loro temperamento è composto, sono molto silenziosi e quieti.
Un altro elemento classico del carnevale è il falò, che con il suo fuoco purificatore brucia via l’inverno e il cui calore dà il benvenuto alla primavera. Solitamente veniva acceso il martedì grasso, e durante la serata di festa si condividevano cibo, balli e vino.
La Chiesa cattolica sin dall’alto medioevo tentò strenuamente di reprimere rituali tanto intrisi di paganesimo attribuendo loro un carattere diabolico, arrivando talvolta ad emanare dei veri e propri decreti di proibizione. Per citare un esempio torinese, così san Massimo vescovo di Torino redarguiva i fedeli: “Non è forse vero che tutto quanto si fa in questo giorno [il Carnevale] è pervaso di vanità e di follia, quando gli uomini, cui Dio ha dato forma, si trasformano in bestie, in animali selvatici o in mostri?”
Nonostante questa campagna di repressione i caratteri pagani emergono tutt’ora prepotentemente, tenendo traccia di ritualità precristiane che si sono conservate attraverso i secoli.
Lo svolgimento dei carnevali: gli atti
I Carnevali alpini tradizionali dell’arco alpino occidentale condividono quasi sempre una stessa struttura che è possibile semplificare in tre atti.
Una prima fase farsesca o buffonesca, nella quale fanno la loro comparsa maschere mostruose, demoniache, animali e altre semiumane. Sono travestimenti caratterizzati da elementi quali il vello caprino, le corna e i campanacci (che alludono ad un retroterra di carattere agro-pastorale) che invadono lo spazio paesano come un gregge o una mandria indisciplinata, producendo un rumore assordante che impone la necessità di un risveglio (della comunità, ma anche della natura).
Superato questo primo momento caotico e sregolato segue una fase cerimoniale, che ha luogo con modalità rituali e che vede l’ingresso di figure mascherate “fosse”, che spesso svolgono il ruolo di “maschere guida” nel corteo. Tra queste possiamo evidenziare gli Arlecchini: figure interamente umane, silenziose, danzanti e talvolta anche a viso scoperto. All’interno del secondo atto si può assistere ad una serie di rituali propiziatori della fertilità agraria: tra questi, uno è un matrimonio farsesco tra due figuranti, che spesso prendono il nome di Sposi; l’altro (più raro) è un’aratura rituale, eseguita con un autentico aratro tirato dagli stessi figurante e seguito in alcuni casi da una semina (di vero grano o anche di semplice segatura).
È molto interessante la connessione tra matrimonio e aratura, in quanto ci si trova di fronte ad una doppia metafora di fertilità. Ma è ancora più interessante osservare come, laddove l’aratura rituale è stata dimenticata nel tempo, essa rimane comunque inscritta all’interno del cerimoniale: per esempio, negli strumenti agricoli che troviamo in alcuni casi impugnati dai figuranti.
L’azione rituale si conclude solitamente con l’atto finale della raccolta di offerte, soprattutto di cibo: uova, dolci, vino. In alcuni casi, con un epilogo più strutturato, i figuranti mettono in scena la morte del Carnevale in cui una figura metaforica viene sacrificata: può essere posta una effigie su una catasta di legno e bruciata, oppure condotta in tribunale e giudicata colpevole in una sorta di processo-farsa che culmina con la sua condanna a morte.
In altri casi ancora si inscena un vero e proprio sacrificio che contempla l’uccisione di un animale, a cui veniva staccato il collo a bastonate. A Tonco, nell’Astigiano, si trattava di un tacchino, a Fontanetto Po era un’oca, a Valdieri un gallo o di un gatto, al carnevale del Lajetto un gallo.
Il gesto cruento aveva lo scopo di risvegliare la terra grazie al sangue offerto in sacrificio, in un chiaro rito propiziatorio di fertilità dei campi.
I carnevali alpini in Val di Susa
– Il carnevale delle Barbuire di Lajetto a Condove – domenica 19 febbraio 2023
A Lajetto, una borgata della montagna di Condove, l’associazione culturale “Le Barbuire” ha ridato vita al corteo delle Barbuire, maschere tipiche del territorio.
I Belli e i Brutti sfilano per il paese con i loro scherzi, fino a raggiungere un prato in cui il Pajass (una figura che ricorda l’uomo selvatico) taglia la testa a un gallo (oggi finto, in passato vero).
– Giaglione, Festa patronale di San Vincenzo –
14 – 29 gennaio 2023
A Giaglione si brucia un falò chiamato la Fanzela, un rito di passaggio collettivo che diventa festa con balli e vino.
– Urbiano (Mompantero), Ballo dell’Orso 3-4-5 febbraio
Il primo fine settimana di febbraio, durante la festa del Fòra l’ours, l’orso esce dal letargo e la domenica, ormai catturato e incatenato dai cacciatori, viene prima addomesticato a colpi di vino e in seguito inizia a danzare con le donne della
borgata.
– Salbertrand, Carnavà du Gueini
21 febbraio 2023
Anche a Salbertrand si continua a bruciare il falò, ma solo dopo aver letto il testamento dell’anno passato e aver fatto danzare il fantoccio del Carnevale, che verrà successivamente bruciato.
– Antico Carnevale di Sestriere Champlas du Col A Sestriere
Nella frazione di Champlas du Col, veniva messo in scena uno storico carnevale che vedeva protagonista un corteo di maschere che compariva negli ultimi giorni prima della Quaresima, formato da giovani del paese che andavano di borgata in borgata ad inscenare piccole rappresentazioni e a questuare. Questo antico carnevale, abbandonato nel 1947, ha avuto una nuova edizione nel 2005 e nel 2006. Prezioso reperto folkloristico è stato riproporre il rito di aratura della neve messo in scena da due uomini selvatici e dalla loro moglie condivisa.
I Carnevali Alpini rappresentano un’importante tradizione non solo valsusina, ma di tutto l’arco alpino. Queste celebrazioni, che si svolgono ogni anno in diverse località, rappresentano un momento di unione e di celebrazione per la comunità e di partecipazione alla cultura del luogo per i turisti, che hanno così modo di vivere loro stessi le usanze e le tradizioni delle nostre vive borgate.
Concediti la possibilità di scoprire le bellezze dei luoghi montani e di vivere un’esperienza indimenticabile immersi nell’atmosfera di festa. Vieni a scoprire i carnevali alpini in Val di Susa per conoscere una tradizione antica e vibrante, che continua a essere un punto di riferimento per la comunità e una fonte di ispirazione per il futuro