Fin da quando ero piccolo, i muretti a secco che terrazzano la montagna sono stati una costante del mio paesaggio.
Il mio bisnonno, come molti altri un tempo, coltivava la vite in lembi di terra strappati alla roccia e racchiusi tra due file di muri di pietre.
Il tempo e l’incuria han fatto di quei vigneti una boscaglia, rifugio dei caprioli e dei cinghiali, e tra le pietre posate con arte chissà quanti anni fa ora cresce l’edera. Guai a toglierla, avvertono gli esperti: o la si leva subito, o è meglio lasciarla lì. Le sue radici, ormai, si sono fatte strada tra le pietre, che si son mosse, adattandovisi. Togliere l’edera ora che è cresciuta significherebbe far crollare i muretti.
L’abbandono della montagna
Ma l’incuria e l’oblio non hanno avvolto solo i muretti del mio bisnonno.
Gran parte della montagna, in Valle di Susa come altrove in Italia, è terrazzata, e gran parte dei terrazzamenti, ora, sono invasi dal bosco che cresce.
Lo spopolamento della montagna, cominciato un centinaio mal contato di anni fa, ha fatto sì che sempre più contadini abbandonassero i terreni strappati faticosamente alla roccia dai loro avi e andassero in città in cerca di uno stile di vita che credevano migliore. Il bosco ha fatto in fretta a impadronirsene. I semi delle piante pioniere sono arrivati sulle ali del vento e hanno attecchito.
Dapprima si forma una boscaglia d’invasione, ma poi, pian piano, si creano le condizioni per l’insediamento di una comunità vegetale sempre più stabile, più vicina ai boschi maturi di un tempo. Con l’avanzare degli alberi su terreni un tempo coltivati, anche gli animali selvatici son tornati fin dietro le case.
Patrimonio dell’umanità
Li si vede ancora bene, i muretti a secco dei terrazzamenti, specialmente nelle giornate di sole che seguono una nevicata, linee nere che ricamano i fianchi dei monti, vestigia di un tempo e di un’arte che oggi pochi ricordano e che l’Unesco, a tutela, ha posto tra i patrimoni immateriali dell’umanità nel 2018, dove fanno compagnia ad altri saperi italiani come la dieta mediterranea, l’arte della pizza napoletana, l’alpinismo, la transumanza e molti altri.
Come si costruisce un muretto a secco
È un’arte che ricordano in pochi, eppure, fortunatamente, ancora qualcuno è in grado di ricostruire i vecchi muri crollati.
Gioisco quando vedo un muretto a secco nuovo. Un muretto fatto con arte, con l’arte di una volta, senza impiego di cemento o di leganti, semplicemente pietra su pietra. Semplicemente… si fa per dire.
Ho letto un bel manuale sulla costruzione dei muretti, ma non saprei ugualmente da dove partire, io, anche se le fasi del lavoro (a livello teorico) le ho tutte bene in testa.
È un’arte che s’impara facendo quella dei muretti a secco. Un’arte passata di padre in figlio, di maestro in allievo, come una volta. Solo facendo si impara davvero a realizzare lo scavo che accoglierà la prima fila di pietre, a scegliere quelle che andranno poste a costruire il tessuto del muro, quelle pesanti alla base, quelle lunghe per traverso, per evitare che si creino linee di frattura, le scaglie a riempire gli interstizi, le pietre piatte in alto a sigillare con il loro peso la costruzione…
Posso solo immaginare la fatica di generazioni e generazioni di uomini che si sono industriati a terrazzare i fianchi delle montagne.
Le funzioni dei muretti a secco
E tuttavia quello dei muretti a secco non è solo un valore meramente paesaggistico.
Sono una tecnologia antica ma ancora all’avanguardia, che i muraglioni di cemento, certo più veloci da costruire, non hanno ancora imparato a uguagliare.
Il muretto a secco ben fatto è plastico, elastico, sa adattarsi ai microcedimenti del terreno e lascia passare indenne l’acqua in eccesso; è fatto in pietra locale, e si armonizza con il contesto; e non dimentichiamo l’importante funzione di supporto per la crescita di piante e animali. Supporto inteso non solo come sostegno fisico al terrazzamento: non è solo lì che cresce la vita, ma anche all’interno del muro stesso, negli interstizi creati fra le pietre che lo costituiscono, dove si creano microclimi e habitat particolari che permettono la nascita di piante che altrove non vegeterebbero e di animali quali lucertole, insetti e serpenti.
Il muretto, in sostanza, è un promotore di biodiversità, e la biodiversità, come ci insegnano gli ecologi, è la chiave per la sopravvivenza di tutti.