A novembre quando l’aria si fa più pungente e nei campi c’è poco da fare sulle tavole dei valsusini, come da tradizione piemontese, si accendono i fujot. Sono 3 gli ingredienti della ricetta della bagna cauda: aglio (tanto) acciughe (rigorosamente sotto sale) e olio. Un piatto povero, contornato da verdure crude autunnali, ma molto amato nel nostro territorio perché rievoca antiche storie di montanari, spaccio di acciughe e contrabbandieri di sale.
Ma cosa ci fanno le acciughe in Val di Susa?
Sicuramente il merito è dovuto al passaggio in Piemonte delle antiche vie del sale “a strata salis”. Carovane di muli trasportavano i barili colmi di salgemma attraverso queste strade, unendo le miniere di Salon de Provence ad Asti, dove il sale veniva smistato per tutta l’Italia del nord, le vie più utilizzate attraversavano le Valli Maira, Stura, Gesso, Vermenagna e la Val di Susa.
Il contrabbando di sale
Il sale all’epoca era un bene prezioso e sembrerebbe che alcuni contrabbandieri per evitare il pagamento della gabella (la tassa imposta dai Savoia sul sale e su altri generi di prima necessità) si inventarono di ricoprire i barili di legno e camuffare il sale con diversi strati di acciughe che venivano poi vendute nelle valli piemontesi.
Gli ancioè
Solo verso la fine del 700, quando il commercio del sale venne regolamentano rendendolo meno redditizio, si continuò a commercializzare le acciughe, che nel frattempo presero largo nei gusti e nelle abitudini alimentari dei piemontesi, tanto da vantare la nascita di un nuovo mestiere, l’acciugaio “ancioè“, solitamente montanari, che approfittavano del fermo nei campi per partire con i caruss, caratteristici carretti in legno dipinti d’azzurro per trasportare le acciughe sotto sale, provenienti dalle coste genovesi o direttamente dalla Spagna per la varietà “rossa”. Le acciughe venivano trasportate stipate in botti o in variopinte latte che i contadini piemontesi potevano comprare settimanalmente in modeste quantità.